Obsolescenza programmata: cos’è?
Spesso sentiamo parlare di obsolescenza programmata o pianificata, ma cos’è e di cosa si tratta? Scopriamolo insieme in quest’articolo.
Con il termine “Obsolescenza programmata o obsolescenza pianificata” si intende quella politica scorretta di dotare dispositivi elettronici, in particolar modo riferito agli smartphone, di software a scadenza. In parole povere, dopo un certo lasso di tempo, impostato dal produttore, il software installato sugli smartphone genera dei malfunzionamenti, anche studiati ad arte. Questi includono un rallentamento generale e progressivo nell’ utilizzo del dispositivo e delle sue applicazioni. Tutto questo ha lo scopo di persuadere il possessore del telefono ad acquistarne uno nuovo.
E’ quel processo per cui un dispositivo elettronico dopo un paio di anni dall’acquisto o dal lancio sul mercato diventa inutilizzabile o semplicemente si rompe.
Il termine obsolescenza programmata è salito all’onore delle cronache soprattutto negli ultimi anni, da quando gli strumenti elettronici sono diventati onnipresenti nella nostra vita. Capita sempre più spesso che la lavastoviglie o la lavatrice comincia a mostrare i primi segni di cedimento dopo i primi tre o quattro anni di utilizzo. E nel frattempo nuovi modelli con nuove tecnologie hanno reso il nostro elettrodomestico troppo vecchio per poter essere riparato. La soluzione è acquistare un nuovo dispositivo che vada a sostituire quello diventato oramai vecchio (anche se in realtà ha solamente tre o quattro anni).
A cosa serve l’obsolescenza programmata
Abbiamo visto fin qui cos’è l’obsolescenza programmata, ma a cosa serve in pratica? L’obsolescenza pianificata non è altro che una strategia industriale creata affinché la domanda di dispositivi elettronici non venga mai meno. Se uno smartphone o un elettrodomestico funzionassero perfettamente per quindici anni, molte aziende chiuderebbero entro pochi mesi a causa della mancanza di lavoro.
E l’obsolescenza pianificata non è presente solamente all’interno del mondo dell’elettronica, ma anche nella moda e in tantissimi altri settori. La “colpa” è in gran parte del progresso tecnologico. Ogni mese vengono presentate nuove scoperte scientifiche. Queste nel giro di un paio di anni vanno a impattare sulla produzione di smartphone, computer, ma anche vestiti e trattori.
Quando nasce il termine obsolescenza programmata
Sebbene il mondo dell’industria abbia ormai sdoganato il termine “obsolescenza programmata”, molte aziende preferiscono parlare di “ciclo di vita di un prodotto“, piuttosto che di obsolescenza pianificata. Nonostante le varie sfumature possibili, il concetto è sempre lo stesso: dopo un apio di anni un dispositivo elettronico diventa praticamente inutilizzabile.
Se pensate che l’obsolescenza programmata sia una strategia industriale utilizzata solamente negli ultimi anni, state sbagliando di grosso. Troviamo questo termine per la prima volta nel 1924, quando i produttori di lampadine crearono il cartello Phobos per decidere che le lampadine a incandescenza non durassero più di 1.000 ore. Una decisione simile si adottò anche alcuni anni dopo per “indebolire” la resistenza del nylon. Il tessuto con il quale si realizzavano le calze utilizzate dalle donne aveva preso ormai piede. Creato in laboratorio, era talmente resistente che l’industria delle calze stava letteralmente fallendo. Durante gli anni della grande depressione, gli Stati Uniti decisero che gli oggetti non dovessero avere un ciclo di vita molto lungo, in modo da stimolare i consumi interni.
Dagli anni 2000 il termine è strettamente collegato sempre più al mondo dell’informatica e dell’elettronica. E questo ha causato in alcuni casi anche delle class action dei consumatori nei confronti delle aziende che producono device, colpevoli di realizzare appositamente dei dispositivi con un ciclo di vita molto breve.
Il caso di Apple e Samsung
Ovviamente tale pratica è in genere architettata per intervenire in prossimità della scadenza della garanzia del prodotto. Per aver messo in atto questa procedura scorretta ai danni dei consumatori, sono stati indagati due dei maggiori produttori di dispositivi mobili, ovvero Apple e Samsung. Le due case produttrici, sanzionate inoltre dall’antitrust per aver diffuso informazioni errate, non complete, o assenti sull’utilizzo di componenti ed accessori quali le batterie al litio dei loro prodotti, giudicate importanti al fine di mantenere e prolungare il loro funzionamento ottimale, sono risultate colpevoli e debitamente sanzionate per truffa.
Nel dettaglio Le due società, secondo l’Authority, avrebbero «indotto i consumatori – mediante l’insistente richiesta di effettuare il download e anche in ragione dell’asimmetria informativa esistente rispetto ai produttori – a installare aggiornamenti su dispositivi non in grado di supportarli adeguatamente. Senza fornire adeguate informazioni, né alcun mezzo di ripristino delle originarie funzionalità dei prodotti. In particolare, Samsung ha insistentemente proposto, dal maggio 2016, ai consumatori che avevano acquistato un Note 4 (immesso sul mercato nel settembre 2014) di procedere ad installare il nuovo firmware di Android denominato Marshmallow predisposto per il nuovo modello di telefono Note 7. Tutto questo senza informare dei gravi malfunzionamenti dovuti alle maggiori sollecitazioni dell’hardware. Richiedendo inoltre, per le riparazioni fuori garanzia connesse a tali malfunzionamenti, un elevato costo di riparazione».
Spesso le modalità di “danneggiamento software” avvenivano tramite lo scaricamento di aggiornamenti appositamente resi disponibili e anche consigliati dalle case produttrici Apple e Samsung. I quali rendevano il software del dispositivo “obsoleto e non adeguato ai recenti standard” generando rallentamenti e malfunzionamenti vari. Ovviamente non vi era alcuna possibilità di annullare tali aggiornamenti e tornare alle condizioni precedenti.
Obsolescenza Psicologica
La questione dell’obsolescenza programmata ha però un altro versante, più sociale, che potremmo definire obsolescenza psicologica. In questo caso, la “scadenza” di uno smartphone o di un televisore, non è soltanto fisica, ma è legata ad aspetti psicologici del consumatore. In tal senso è influenzato dai messaggi pubblicitari, dalle nuove funzioni, fino ai modelli sempre più nuovi e desiderabili che escono sul mercato del consumo.
Ci inducono a pretendere sempre di più dai nostri dispositivi elettronici, 15 anni fa con il cellulare potevamo soltanto chiamare e inviare sms, ora c’è molto di più, internet, le foto, la musica, quindi insieme al dispositivo cambia anche l’utente e il suo profilo d’uso di uno strumento tecnologico, così da alzare le aspettative che lo riguardano.