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Apple HomePod mini: arriva in Italia!

A partire dal 23 novembre 2021 lo smart speaker di Apple diventa finalmente disponibile in Italia! Leggi l’articolo per sapere le sue funzionalità.

HomePod mini: cos’è?

HomePod mini è il piccolo assistente intelligente ideato da Apple. Le dimensioni non contano! Lo speaker, di soli 8,43 cm di altezza, in grado di diffondere il suo audio a 360 gradi in ogni angolo della stanza. Ha un design sferico e un rivestimento di tessuto a rete disponibile in cinque colori: grigio siderale, blu, giallo, arancione e bianco. HomePod mini presenta una superficie in vetro bianco retroilluminata dotata di un’interfaccia per gestire Siri e la musica con comandi touch.

Colori HomePod mini

Alcune funzionalità

Apple progetta HomePod mini come dispositivo per la musica. Lo speaker infatti funziona con Apple Music, Apple Podcast e stazioni radio per qualsiasi genere di canzoni vogliate ascoltare. Inoltre, se possiedi più HomePod mini, hai la possibilità di ascoltare la stessa musica in tutta la casa, o, in alternativa, un brano diverso per ogni stanza.

HomePod mini ha la funzione interfono, che permette di mandare messaggi vocali ad altri HomePod mini in altre stanze, ma si collega anche con iPhone, iPad, Apple Watch, AirPods e CarPlay.

HomePod mini connessi

Lo smart speaker offre interazione con tutti i dispositivi Apple per un’esperienza personalizzata ad ogni utente. Grazie all’intelligenza di Siri, è possibile gestire gli accessori di domotica (ovvero di automazione della casa). È facilissimo! Ad esempio, per accendere le luci tutto quello che bisogna fare è dire: “Ehi Siri accendi le luci”.

Queste sono solo alcune delle incredibili innovazione di HomePod mini, per scoprirle tutte visita il sito Apple.

Prezzi

Il prezzo di HomePod mini è di 99€, prezzo più alto rispetto alla concorrenza, ma più basso rispetto a tutti gli altri prodotti Apple. Se vuoi comprare HomePod mini puoi recarti in tutti i negozi di elettronica oppure sul sito ufficiale. Ti lascio il link per acquistare lo smart speaker da Apple.

Homepod mini scatola
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Utilizzare IPad come secondo schermo

In questo articolo vedremo come utilizzare l’IPad come secondo schermo.

I monitor multipli migliorano esponenzialmente la produttività al PC quando lavoriamo. In questa guida, spiegheremo come utilizzare un iPad come secondo monitor per il tuo PC o per il tuo Mac.

E’ ovvio che un iPad non può competere con un monitor vero e proprio né in termini di dimensioni né di prezzo. Ma se disponi già di un iPad, potrai utilizzarlo come secondo schermo per il tuo portatile o del tuo PC fisso ogni volta che vorrai. Si tratta dunque di un “plus” ovvero qualcosa in più da far fare al tuo iPad.

Tutto quello che occorre è una semplice custodia capace di tenere l’iPad in posizione “Stand” ovvero in posizione più o meno verticale e un software che puoi scaricare dal sito ufficiale della software house Duet Display o dall’App Store.

Ora guarderemo insieme, passo per passo come fare.

Duet Display

Step 1: Scarica Duet Display su Computer e iPad

Per utilizzare un iPad come secondo monitor occorre innanzitutto installare il programma di cui abbiamo parlato sopra sia sull’iPad che sul PC. Potete scaricare l’applicazione per l’iPad su “App Store” e quella per il vostro Computer da quest’altro “Duet Display“.

Avrai anche bisogno di un cavo USB lightning (quello ottenuto in dotazione con l’iPad) perchè Duet Display non funziona su Wi-Fi. L’ iPad dovrà quindi rimanere vicino al tuo computer proprio come un secondo monitor rimane sempre vicino a quello principale. Ecco una foto di un cavo USB lightning.

cavo SB lightning dell'iPad

Step 2: Connetti il tuo iPad come fosse un monitor

Adesso apri il programma Duet Display sul tuo computer, e subito dopo avvia anche l’app Duet Display sul iPad.

Si apparirà questa schermata:

Schermata su iPad

Adesso collega il tu pc all’iPad tramite cavo USB lightning. In seguito l’iPad dovrebbe accendersi e mostrare già il desktop del tuo PC Windows o Mac come un secondo monitor. Ora muovi il mouse sulla destra del tuo desktop, fino a che non apparirà sullo schermo del iPad. Potrai anche toccare lo schermo del iPad per controllare il PC Windows o OS X.

Step 3: Ottimizzare visualizzazione schermo

Duet Display vede che il tuo iPad è a destra del computer, ma se lo vuoi usare a sinistra potrai modificare le impostazioni in modo che il tuo mouse funzioni correttamente.

Gli utenti Windows possono accedere a questi display facendo clic con il pulsante destro del mouse sul desktop e scegliendo “Visualizza”. Gli utenti Mac devono, invece, andare in Preferenze di Sistema > Visualizza.

Impostazioni schermo

Visualizzerai due quadrati, uno che rappresenta il monitor principale del computer e l’altro che rappresenta lo schermo del iPad.

monitor 2

Fai clic e trascina lo schermo del iPad per posizionarlo nella posizione desiderata. Nella foto sottostante possiamo vedere che l’iPad è stato impostato a sinistra del pc.

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Il metaverso di Zuckerberg

Il metaverso di Zuckerberg cambierà davvero tutto? Facebook vuole costruire un universo in realtà virtuale in cui tutti viviamo e lavoriamo. Ecco cosa sta per succedere con il metaverso di Zuckerberg.

Il CEO di Facebook Mark Zuckerberg ha fatto notizia ultimamente parlando del metaverso. Zuckerberg afferma che è il futuro di Facebook e di Internet. È così convinto di questo progetto che intende assumere 10.000 lavoratori europei per lavorarci e persino cambiare il nome della sua azienda da Facebook a un marchio correlato al metaverso. Vivremo e lavoreremo tutti nel metaverso di Facebook?

Cos’è il metaverso?

L’autore Neal Stephenson ha coniato la parola metaverso per il suo romanzo di fantascienza del 1992 Snow Crash. Nel suo racconto, il metaverso è una versione di realtà virtuale di Internet, in cui esiste un universo alternativo in uno spazio VR condiviso utilizzando concetti del mondo reale come strade, edifici, stanze e oggetti di uso quotidiano. Le persone si muovono in questo universo come avatar, rappresentazioni 3D che possono interagire con altre persone e con entità simili ad avatar che sono in realtà agenti software.

Il metaverso è stato un caposaldo della narrativa cyberpunk dagli anni ’80, da Burning Chrome e Neuromancer di William Gibson a Ready Player One di Ernest Cline, che è stato trasformato in un lungometraggio da Steven SpielbergThe Matrix stesso è un metaverso.

matrix meta

Il concetto letterario del metaverso è universalmente distopico, rappresentando una sorta di capitalismo totalitario in cui le persone sono costrette a vivere gran parte della loro vita in un mondo falso di proprietà di una potentissima società. Ad esempio, nel libro di Cline, tutti sono così investiti in un metaverso chiamato OASIS (dove le persone non solo giocano, ma vanno anche a scuola, lavorano e pagano le tasse) che il mondo reale declina nello squallore dall’abbandono. Il metaverso della finzione è cattivo. Allora perché Zuckerberg pensa che il suo sia buono?

Perché Zuckerberg vuole il suo metaverso?

Innanzitutto, iniziamo con le basi: se c’è un metaverso, non sarà quello di Zuckerberg. E se Zuckerberg costruisce un universo virtuale, non sarà il metaverso. In altre parole, l’unico modo possibile (ma improbabile) per finire con un unico spazio virtuale globale e universale è se Internet o il web in qualche modo evolvono tutte le parti virtuali che consentono agli utenti di interagire con tutti i servizi web e tra di loro in spazi 3D di realtà virtuale.

In realtà, il metaverso di Facebook dovrebbe davvero essere chiamato “Zuckerverso” perché è la visione e il progetto preferito del CEO dell’azienda. È il sogno di un introverso imbranato con le persone che vuole indossare un visore VR tutto il giorno, prendere la “pillola blu” e vivere in Matrix. Ma non è quello che vorranno le persone reali. Non è il futuro di Internet.

Zuckerberg

Quello che è certo è che avremo molti spazi, mondi e piattaforme virtuali online, probabilmente migliaia. Che non serviranno solo per giocare, ma anche per lavorare e per fungere da gigantesco social network. Come con lo stesso Facebook, il metaverso di Zuckerberg sarà un giardino recintato per una minoranza di persone, non l’unico vero metaverso per tutte le persone. Anche oggi, solo per utilizzare il visore Oculus Quest di Facebook è necessario un account Facebook. Una piattaforma aperta non è nel DNA di Facebook.

Mondo Virtuale

Allora perché Zuckerberg punta così tanto sull’idea del metaverso? Penso che ci siano cinque ragioni.

  • Il concetto di un mondo virtuale condiviso è in circolazione da decenni e interessa migliaia di aziende e università. Sostenendolo pubblicamente con così tanta forza, Zuckerberg spera di diventarne una sorta di leader.
  • Zuckerberg sa che per far evolvere i social network e l’interazione nel regno virtuale, deve cambiare la sua azienda. Grandi mosse, grandi annunci e grandi investimenti riorientano un mondo di dipendenti, partner, investitori e utenti per la transizione.
  • Zuckerberg e Facebook sanno che i social network così come esistono ora verranno sostituiti. Proprio come Facebook ha sostituito MySpace, che ha sostituito AOL, che ha sostituito CompuServ, che ha sostituito i sistemi BBS, nessuna azienda che domina un tipo di piattaforma social è mai riuscita a dominare il successivo. Facebook vuole essere il primo a dominare due generazioni di social network online.
  • FUD (paura, incertezza e dubbio). Ha senso investire così pesantemente negli spazi virtuali per spaventare l’interesse degli investimenti nelle startup che cercano di fare la stessa cosa.
  • Se l’ossessione pubblica di Zuckerberg ha uno scopo, è per evidenziare per tutti noi che sta arrivando un futuro di realtà virtuale/realtà aumentata che avrà un impatto massiccio sul funzionamento del business.

Perché l’Appleverso batte lo Zuckerverso

Centinaia di startup stanno lavorando duramente per costruire gli spazi virtuali del futuro, sviluppando visori e occhiali, grafica avanzata, strumenti di modellazione, strumenti di rete e altro ancora. E anche Apple è impegnata in tutto ciò. La differenza è che Facebook vuole un universo virtuale alternativo; Apple vuole aggiungere il virtuale all’universo reale.

Il CEO di Apple, Tim Cook, ha dichiarato pubblicamente che l’AR è “la prossima grande novità”, “superiore alla realtà virtuale”, “una grande idea, come lo smartphone” e vede le principali applicazioni per l’AR in ambiti come “l’istruzione, il mercato consumer, l’intrattenimento, lo sport. Lo vedo in ogni attività di cui so qualcosa”.

Entrambe le società stanno scommettendo molto su visioni opposte: sarà la realtà virtuale o quella aumentata a dominare? Lo Zuckerverse o l’Appleverse? Apple ha centinaia di brevetti e sta investendo miliardi di dollari nello sviluppo delle piattaforme hardware e software per gli spazi virtuali di domani. L’azienda ha progettato e costruito più prototipi, alcuni con specifiche sorprendenti, come due display 8K, lidar e una serie di fotocamere e sensori biometrici.

Il fatto interessante e unico di Apple è che inizialmente intende utilizzare gli occhiali VR per le applicazioni AR. L’utente vedrà un video in tempo reale del mondo reale con oggetti virtuali inseriti in quel video. Secondo quanto riferito, Apple sta anche lavorando su occhiali AR che sembrano normali occhiali e possono essere indossati tutto il giorno e tutti i giorni anche con lenti graduate.

apple

Le tempistiche

La tempistica approssimativa per questi prodotti è di due anni per gli occhiali VR, cinque anni o più per gli occhiali AR. L’iniziativa più rivoluzionaria nei brevetti di Apple è un concetto chiamato Bionic Virtual Meeting Room. In poche parole, il concept integra hardware e software per avere incontri con altre persone in un contesto virtuale. Nello specifico, le persone sono rappresentate come avatar, che trasmettono le espressioni facciali, i movimenti della bocca, il linguaggio del corpo, l’inclinazione della testa e altri gesti in tempo reale. Proprio come i Memoji di Apple, ma in 3D con un’interazione spaziale razionale.

Ciò significa che gli avatar possono vedere altri avatar, con i relativi movimenti, interagire in tempo reale. Possono stabilire un contatto visivo, indicare, fare gesti, parlare e camminare. Sembra un videogioco sparatutto in prima persona. Le differenze sono il 3D, l’ID biometrico (molto importante per le riunioni di lavoro), la mappatura completa dei gesti in tempo reale della parte superiore del corpo e la mappatura del viso in tempo reale e la mappatura di stanze e oggetti. I numerosi brevetti di Apple descrivono anche una serie di sensori biometrici per rilevare le emozioni, che si rifletterebbero sottilmente nell’espressione facciale.

Avatar: una versione di noi

Nei videogiochi, appariamo come un personaggio virtuale, un burattino stupido. Nella tecnologia per riunioni di Apple, appariremo come una versione di noi stessi ottimizzata per la comunicazione verbale e non verbale e anche per la collaborazione in tempo reale. In altre parole, il nostro avatar sarà profondamente connesso al “vero noi”: ogni movimento ed emozione sarà espresso dal nostro avatar.

Un’altra grande differenza è che Apple immagina che gli utenti dei suoi occhiali AR vedano gli avatar non in uno spazio VR, ma come ologrammi che appaiono nello spazio fisico reale. La tecnologia Bionic Meeting Room di Apple è il social networking tramite avatar. Apple ha brevetti migliori, tecnologia migliore, migliori capacità di progettazione, strumenti di sviluppo migliori e più fiducia tra la sua base di utenti.

La tecnologia per riunioni virtuali di Apple è pronta a sostituire:

  • Social network
  • Videoconferenze
  • Viaggio di lavoro
  • Conferenze professionali

È probabile che gli incontri futuri si svolgeranno sostanzialmente tramite avatar. Ciò vale per incontri individuali con fornitori, chiamate di vendita, riunioni delle risorse umane con dipendenti, conferenze professionali e altri tipi di riunioni ed è probabile che il vantaggio per Apple sarà quello di un’esperienza relativamente fluida, sicura e di alta qualità.

Il metaverso di Zuckerberg

Tra un decennio la nostra vita e il nostro lavoro saranno enormemente trasformati sia dalla realtà virtuale che dall’AR. Faremo un salto negli spazi VR per fare cose specifiche di volta in volta. Ma vivremo in AR tutto il giorno o almeno avremo oggetti virtuali, dati, contenuti e interazioni sociali basate su avatar che possono essere evocati istantaneamente attraverso gli occhiali che indossiamo comunque.

In altre parole, la visione di Zuckerberg di vivere in realtà virtuale è (come ci hanno avvertito gli scrittori di fantascienza) un incubo distopico. Tuttavia, la realtà virtuale giocherà un ruolo enorme. In effetti, sta già accadendo.

In che modo le numerose piattaforme virtuali avranno un impatto sul business

Gli spazi virtuali andranno ben oltre le sale riunioni. Comprenderanno showroom, centri commerciali, stadi e fabbriche virtuali. Nvidia Omniverse è uno dei primi sforzi mirato a simulare ambienti del mondo reale per la collaborazione e l’ottimizzazione. Un cliente, BMW, ha utilizzato Omniverse per creare repliche esatte di tutte le sue fabbriche, dove può testare le modifiche a tutti gli aspetti dell’operazione in una simulazione interattiva. I video di questo progetto sono incredibili.

Nvida mostra la strada per il futuro della realtà virtuale aziendale. Ma di fatto sono un’applicazione e una piattaforma di sviluppo potenti ma isolate, non un universo o un metaverso. Migliaia di aziende stanno costruendo tutte le parti costitutive per questo tipo di potente applicazione aziendale per la realtà virtuale. La VR sarà utilizzata per la pubblicità e il marketing sperimentale. I negozi venderanno oggetti e abbigliamento sia reali che virtuali.

Il futuro della realtà virtuale è sorprendente. Ma la realtà virtuale sarà sempre disponibile come migliaia di applicazioni che scegliamo al volo e utilizziamo temporaneamente. Nonostante la visione di Zuckerberg, nessuno rimarrà in VR tutto il giorno tranne una minoranza di giocatori dipendenti e ossessionati. La realtà aumentata sarà il posto in cui vivremo e sostituirà gli smartphone come piattaforma quotidiana. Scommettiamo?

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Aprire e convertire foto e immagini in formato HEIC

Se avete deciso di aprire questo articolo è perché molto probabilmente vi siete imbattuti in uno strano formato di foto denominato HEIC. In realtà non si tratta di qualcosa di anormale. Anzi, ormai da diversi anni sta diventando sempre più popolare, grazie soprattutto all’enorme quantità di iPhone presente sul territorio mondiale. Per cercare di capire meglio di cosa si tratta però, abbiamo deciso di creare una guida un po’ più approfondita, cercando di analizzare anche i modi migliore per aprire e convertire foto e immagini in formato HEIC.

Qualora foste interessati alla cosa quindi, vi consigliamo di proseguire già con il prossimo paragrafo e vi auguriamo una buona lettura.

Cosa sono le foto HEIC

Le foto in formato HEIC, acronimo di “High Efficiency Image File Format”, hanno la peculiarità di presentarsi come una sorta di contenitore, all’interno del quale è possibile ritrovare una singola immagine, oppure una sequenza di immagini.

L’idea arriva dalla Moving Picture Experts Group, ma è stata resa famosa principalmente da Apple, che ha deciso di utilizzare il suddetto formato come standard per le foto scattate con iPhone e iPad.

iPhone formato heic

Il motivo principale di ciò, va ricercato nel fatto che i dispositivi dell’azienda di Cupertino possono scattare sia foto singole che sequenze o “Live Photos“, le quali necessitano quindi di questo formato “contenitore” per poter, appunto, contenere più immagini in un singolo file.

Ma purtroppo non bisogna soffermarsi solo su questo, visto che non mancano aspetti negativi e che potrebbero effettivamente risultare piuttosto fastidiosi per gli utenti.

Vantaggi e svantaggi delle foto HEIC

Vantaggi

Ma prima di passare agli svantaggi, concentriamoci sugli aspetti positivi e, in particolare, sull’aspetto “economico” delle foto HEIC.

Ovviamente per economico si intende la capacità degli HEIC di mantenere una qualità dell’immagine abbastanza elevata (praticamente identica a quella dei JPG), pur garantendone un peso in memoria quasi dimezzato.

Ad esempio, una foto in JPG da 4 MB convertita in HEIC può arrivare a pesare circa 2.4 MB, offrendo quindi la medesima qualità.

Inoltre, concentrando l’attenzione sulla questione intelligenza artificiale, grazie alle foto HEIC, è possibile riconoscere i vari elementi presenti all’interno dello scatto. Ed è possibile anche classificarli in base a precisi parametri.

In questo modo, il sistema operativo sarà in grado di offrire opzioni avanzate di riconoscimento e mostrare informazioni più precise su ciò che l’utente guarda ogni giorno (ad esempio la razza di un cane, oppure il nome di un palazzo).

Infine, i file HEIC, essendo di natura “contenitore”, rappresentano un vantaggio assoluto per chi ama operare di  foto editing.

Le immagini caratterizzate dal suddetto formato supportano infatti le trasparenze fino a 16 bit (il JPEG arriva a supportare solo quelle a 8 bit) e permettono anche modifiche di rotazione, ritaglio, sovrapposizione e aggiunta di testo senza dover necessariamente creare delle copie della stessa immagine.

Svantaggi

Per quanto riguarda gli svantaggi invece, ne abbiamo individuati principalmente due: la compatibilità e le poche speranze di futuro.

La seconda motivazione delle due è da attribuire al fatto che purtroppo, altre aziende importanti, come Google, non sembrano voler puntare molto su questo formato. Concentrando invece l’attenzione su altre tipologie di file.

La prima è probabilmente la più attuale e fastidiosa. Attualmente infatti, non tutte le applicazioni supportano i file HEIC. Per questo motivo, in tantissimi casi sarà quindi necessario convertire l’immagine in uno dei formati più compatibili come JPG.

Tuttavia, c’è da dire che dopo diversi anni, i servizi più popolari (soprattutto Social Network) hanno ricevuto gli aggiornamenti necessari per visualizzarli correttamente.

Come scattare foto HEIC

Attualmente il modo più semplice per scattare foto in formato HEIC è quello di utilizzare un iPhone (o un iPad) e, in particolare, l’applicazione “Fotocamera” presente di serie.

Già dalla prima configurazione infatti, tutti gli scatti eseguiti dai suddetti dispositivi saranno esportati in tale formato.

scattare foto heic

Qualora ciò non accadesse però, l’unica cosa da fare sarà: aprire l’app “Impostazioni”, continuare con “Fotocamera”, cliccare sulla voce “Formati” e selezionare “Efficienza elevata”, la quale ridurrà la dimensione dei file e catturerà foto e video in formato HEIC e HEVC (per i video).

A partire da Android Pie (nona versione del sistema operativo mobile di Google) però, anche tutti gli altri smartphone in commercio potranno scattare foto HEIC.

Tuttavia, tale formato non sarà abilitato di default e molte aziende produttrici di smartphone potrebbero anche decidere di non abilitarlo per le proprie lenti fotografiche.

Per verificare ciò bisognerà necessariamente controllare nelle impostazioni dedicate alla fotocamera.

Come evitare foto HEIC

Qualora quindi questo formato non vi convincesse fino in fondo, si potrà comunque disattivare ed evitare.

Per farlo su Android sarà sufficiente continuare ad utilizzare la fotocamera senza modificare alcun parametro riguardante i formati di scatto.

Su iPhone invece, bisognerà aprire l‘app “Impostazioni”, continuare con “Fotocamera”, cliccare sulla voce “Formati” e selezionare “Più compatibile”, la quale consentirà alle lenti di catturare immagini in JPEG.

Come aprire le foto HEIC

Ovviamente tutte le aziende esterne ad Apple si sono adeguate al formato HEIC. Hanno infatti deciso di supportare in piena regola tutte le foto esportate nel suddetto formato.

Su iPhone, iPad e Mac invece, c’è davvero molto poco da dire. Qualunque applicazione presente di default sui dispositivi dell’azienda di Cupertino si utilizzi infatti (Foto, Anteprima oppure anche semplicemente il Finder), non si presenterà alcun problema di compatibilità.

Anche le ultime versioni di Windows e Android riescono a supportare di default le immagini HEIC, ma qualora doveste riscontrare problemi, si potrà immediatamente rimediare.

Su Microsoft Store di Windows è infatti disponibile il plugin “Estensioni di immagine HEIF”, scaricabile gratuitamente da qui, il quale consentirà al sistema operativo di leggere qualsiasi immagine.

Su Android invece, sempre nel caso in cui la galleria non riuscirà ad aprire le foto, consigliamo di utilizzare un’applicazione di terze parti perfettamente compatibile.

La migliore e più conosciuta in questo campo è indubbiamente Dropbox, disponibile al download gratuito tramite questo link.

Come convertire le foto HEIC

Passiamo adesso ad un altro strumento utile per la modifica degli HEIC: cloudconverter.

convertire heic

Si tratta di un sito Web gratuito, accessibile da qualsiasi Browser e che permetterà a chiunque di convertire le foto da HEIC a JPG, PNG, PDF e tanti altri formati.

Non resta quindi che raggiungere la pagina dedicata cliccando su questo link e proseguire con la lettura dell’articolo.

Convertire HEIC in JPG

Una volta aperto il sito di cloudconverter, bisognerà modificare i formati alla destra di “convert” e “to”.

La prima delle due caselle dovrà quindi essere impostata con HEIC, mentre la seconda, in questo caso, in JPG.

Per farlo, sarà quindi sufficiente premere sul riguardo interessato e selezionare il formato dal menu a tendina che apparirà automaticamente.

Una volta correttamente impostati i parametri, non servirà altro che cliccare su “Select File”, importare la foto da esportare di JPG e avviare l’operazione con il tasto “Convert”.

Immediatamente partirà il download secondo le impostazioni del Browser utilizzato.

Convertire HEIC in PNG

I medesimi passaggi dovranno essere eseguiti anche per convertire le foto HEIC in PNG. In questo caso però, alla destra di “to” bisognerà ricercare il valore “PNG”, il quale si troverà nel menu a tendina “Image”.

Per semplificare la ricerca si potrà anche utilizzare il campo di testo che apparirà in alto dopo aver premuto sulla casella interessata.

Dopodiché, basterà importare il file tramite il collegamento “Select File”, avviare il tutto con “Convert”, attendere la fine del download e aprire la nuova fotografia.

Convertire HEIC in PDF

Cloudconvert ha il vantaggio di supportare perfettamente anche formati diversi da quelli prettamente incentrati sulle fotografie, come ad esempio i PDF.

Proprio per questo motivo, potrà essere utilizzato per convertire una foto HEIC in un documento PDF.

Per farlo, bisognerà sempre cliccare sulla casella alla destra di “to”, spostarsi nella sezione “Document”, selezionare “PDF”, importare la foto da convertire cliccando su “Select File”, avviare il tutto con “Convert” e attendere la fine del download.

Convertire HEIC su iPhone

Ovviamente, sia su iPhone che su iPad e tutti gli altri dispositivi con Browser integrato, si potrà avviare una rapida conversione online tramite il sito di cloudconvert.

Ma per semplificare tutte le operazioni e avere sempre uno strumento offline a portata di mano, consigliamo l’utilizzo di un’applicazione dedicata alla conversione da HEIC a qualsiasi altro formato desiderato.

Tra le più consigliate in questo campo c’è “Il Convertitore di Immagini“, scaricabile gratuitamente da App Store attraverso questo link.

Una volta aperto il servizio, basterà importare il file di input HEIC e successivamente scegliere la tipologia di conversione. Tutte le restanti operazioni verranno eseguite automaticamente dall’app.

Ovviamente sarà perfettamente compatibile sia con iPhone che con iPad.

Convertire HEIC su Android

Per quanto riguarda gli smartphone e tablet Android invece, oltre al solito sito Web di cloudconvert, proponiamo l’applicazione gratuita “Heic to JPG Converter Free”.

Quest’app consente in pochissimo tempo di importare la foto HEIC dall’archivio o dalla galleria del dispositivo in questione e di convertirla in un file di tipo “JPG”, pienamente supportato da qualsiasi servizio.

Può quindi essere scaricata direttamente dal Play Store tramite questo link.

Il suddetto software sarà però unicamente in grado di esportare i file in JPG. Qualora si preferisse un formato diverso, come PNG, PDF, GIF, WEBP o altro, non possiamo che consigliare “Heic converter – Heic to JPG-PNG-PDF Converter”, anch’esso gratuito e disponibile sul Play Store tramite questo link.

Una volta scaricata, installata e aperta l’app, basterà premere sul pulsante “Open HEIC” in alto a sinistra e selezionare la foto da modificare dall’archivio dello smartphone.

A questo punto bisognerà cliccare sull’icona della freccia in basso a destra, scegliere il formato di output preferito e avviare l’operazione con “Convert HEIC”.

A questo punto tutte le immagini convertite appariranno in una nuova schermata della stessa applicazione e potranno essere aperte, condivise, salvate o anche eliminate dopo aver premuto sull’icona con tre puntini presente nell’angolo in basso a destra di ogni immagine.

Convertire HEIC su Mac

Grazie alle opzioni avanzate presenti in “Anteprima” (applicazione presente di default su tutti i Mac), sarà possibile convertire qualsiasi HEIC in maniera semplice, rapida e senza dover necessariamente scaricare alcun programma aggiuntivo.

Ovviamente, prima di vedere come farlo, vi ricordiamo che la soluzione di cloudconvert rimarrà sempre comunque valida.

Prima di tutto, bisognerà quindi individuare la foto da convertire, successivamente bisognerà aprire il suo menu a tendina cliccando con due dita sul trackpad su di essa (oppure con il tasto destro del mouse), portare il puntatore su “Apri con…” e scegliere “Anteprima”.

Una volta avviata la schermata di Anteprima con la foto interessata, sarà necessario cliccare su “File” nel menu opzioni in alto a sinistra, scegliere la voce “Esporta…”. Dopodiché aprire il menu a tendina alla destra di “Formato”, scegliere quello preferito (sarà presente anche PDF), selezionare la cartella di esportazione e concludere con “Salva”. L’operazione si concluderà in pochissimi istanti.

Qualora preferiate uno strumento ancora più semplice e rapido e che non occupi neppure tanto spazio in memoria, consigliamo “HEIC Converter”, disponibile gratuitamente sul Mac App Store e accessibile tramite questo link.

Il suo funzionamento è piuttosto banale. L’unica cosa da fare per avviare la conversione sarà: trascinare la foto sulla finestra nera, attendere il raggiungimento del 100% e l’operazione sarà completa.

Il nuovo file sarà esportato in JPEG o PNG (in base alla scelta dell’utente) e potrà essere immediatamente aperto dalla cartella dei download del Mac.

Convertire HEIC su Windows

Ancora per l’ultima volta vi ricordiamo che il sito Web di cloudconvert potrà essere utilizzato anche su Windows attraverso un qualsiasi Browser web.

Anzi, sui PC dotati del sistema operativo di Microsoft risulta essere il modo migliore per completare la conversione.

L’alternativa più adeguata si chiama infatti “HEIC to JPG, JPEG & PNG Converter”, può essere scaricata dal Microsoft Store tramite questo link, ma per farlo bisognerà affrontare un costo di circa 5 euro (molto spesso in promozione a poco meno di un euro).

Una volta acquistata e aperta, basterà quindi trascinare il file HEIC all’interno della sua schermata. Qui scegliere il formato preferito di esportazione e proseguire con la conversione.

Dopo pochi istanti il file apparirà nella cartella scelta per il salvataggio. Bisogna però specificare che purtroppo l’app non è compatibile con la versione S di Windows 10.

Per tutte le versioni precedenti a Windows 10, consigliamo nuovamente di operare tramite il sito di cloudconvert.

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Google annuncia i nuovi Pixel 6 e 6 Pro con processore Tensor

Si chiamano Pixel 6 e 6 Pro e vedranno per la prima volta un processore (Tensor) fatto in casa da Google. Proprio come Apple con il suo Bionic.

Ecco come sono fatti. Un annuncio a sorpresa che toglie i veli ai nuovi Google Pixel 6 e 6 Pro. Sì, l’azienda di Mountain View ha deciso di svelare completamente cosa gli utenti potranno avere a ridosso di questo autunno con due smartphone dalle caratteristiche simili, dimensioni diverse ma soprattutto con un processore ”fatto in casa” proprio come quello di Apple per i suoi iPhone. Una sfida lanciata alla casa di Cupertino per cercare di tornare in alto sul mercato degli smartphone questa volta con una mossa diversa ossia quella di non dipendere da altri nella componente più importante del device.

Pixel 6 e Pixel 6 Pro con Google Tensor: ufficiali

Una scelta che sembra in qualche modo replicare la strategia già adottata da Apple per i suoi iPhone e da Samsung per la parte della linea Galaxy dotata di componentistica Exynos. Focus dunque puntato sulle applicazioni di intelligenza artificiale e sul machine learning. Integrato anche il chip Titan M2 per la sicurezza.

Il design, definito “Industrial” da Google, è quello che si può osservare nella galleria di immagini qui sotto, con alluminio lucido oppure opaco, a seconda del modello, per scocca e finiture. Si va oltre il concetto di camera bump con una fascia sporgente che corre lungo tutta la larghezza della scocca posteriore (camera bar). Un aspetto studiato in modo da risultare coerente alle linee guida Material You di Android 12.

Google annuncia i nuovi Pixel 6 e 6 Pro con processore Tensor

Google Pixel 6 e 6 Pro: ecco come sono fatti

I nuovi Google Pixel 6 e 6 Pro sono proprio gli smartphone che avevamo visto qualche tempo fa da immagini rubate in Rete. Google decide di proporre ancora una volta un design unico nel suo genere rifacendosi forse a quel Google Nexus 6P che effettivamente aveva colpito molti utenti in passato. Qui abbiamo una scocca in alluminio rivestita da vetro lucido con un pannello anteriore praticamente flat ossia senza strane curvature. Curvature che sono invece presenti al posteriore con una struttura fotografica molto particolare: una vera e propria fascia rialzata di qualche millimetro che permette il posizionamento di tutti i sensori degli smartphone che si differenzieranno tra versione normale e versione Pro.

Fotocamera con zoom 4x stabilizzato

Le fotocamere saranno un punto nevralgico di questi smartphone. Un punto di forza che già conosciamo in Google e nei suoi Pixel. Questi hanno sempre permesso agli utenti di portare a casa scatti fotografici importanti e di qualità, pur non avendo sensori da centinaia di megapixel o triple o quadruple fotocamere. I nuovi Pixel 6 e 6 Pro invece cambieranno un po’ questa filosofia e vedranno per la versione Pro un obiettivo a periscopio con zoom 4x stabilizzato che dovrebbe risultare un 105 mm.

Non sappiamo purtroppo i dati precisi delle fotocamere dei due nuovi device ma sappiamo che il nuovo sensore grandangolare principale (che dovrebbe essere presente in entrambi i Pixel 6 e 6 Pro) catturerà il 150% in più di luce rispetto a quello finora utilizzato. E sappiate che la versione base di Pixel 6 avrà un sensore ultra wide, oltre a quello principale. Mentre la versione di Pixel 6 Pro aggiungerà anche un sensore periscopico, come detto in precedenza.

Google Pixel 6 e 6 Pro

l resto delle specifiche tecniche sostanzialmente riguardano le dimensioni dei pannelli anteriori. Sì, perché al momento sappiamo che le differenze tra Pixel 6 e 6 Pro saranno dettate dalle dimensioni degli schermi e dalle fotocamere posteriore. E vedremo se anche le memorie (RAM e ROM) differenzieranno i due device. Nel contempo sappiamo che i display saranno di tipo OLED con un sensore delle impronte digitali al di sotto dello schermo che sarà di due dimensioni: da 6.4 pollici Full HD+ a refresh rate a 90Hz per il Pixel 6 mentre un 6.7 pollici Quad HD+ con refresh rate a 120Hz per la versione Pixel 6 Pro.

TENSOR: il primo processore ”made by Google”

E poi c’è il nuovo Google TENSOR ossia il processore ”made by Google” che sfida il Bionic di Apple. Abbandonato il nome Whitechapel, probabilmente poco commerciale. Google ha deciso di correre ai ripari nei confronti di Apple. Inoltre ha deciso di crearsi in casa il suo processore per non dover dipendere più dagli altri. Tensor è una CPU che in qualche modo rimanda ai processori che Google usa da tempo nei suoi Data Center e proprio attorno ad essi che ha deciso di creare questo suo primo processore per smartphone con tanta intelligenza artificiale e machine learning.

“Fatto in casa”

Chiaramente non ci sono dettagli tecnici specifici sul nuovo Tensor di Google. È un processore che sappiamo integri una CPU, una GPU ma anche i vari controller e i moduli per la connettività. Anche se questi ultimi sono presi in licenza da altri brand. Le componenti ”fatte in casa” da Google sono la TPU Mobile per i calcoli del machine learning e il processore ”Titan” che riguarda la sicurezza e la crittografia. Sul resto purtroppo non sappiamo altro, anche se dalle indiscrezioni si parla di una mano data da Samsung nella costruzione del processore con elementi visti negli Exynos.

Ed è chiaro che la mossa di Google è quella di avere il pieno controllo del machine learning che poi è effettivamente il cuore pulsante di uno smartphone di ultima generazione. Sarà proprio questa componente ad avere il massimo controllo sul sistema operativo e sulle applicazioni. Sappiamo bene come Google in questo sappia fare bene il suo lavoro e abbia già messo in campo ogni tipo di utilizzo dell’Intelligenza Artificiale. L’azienda potrà implementare ancora di più questi aspetti magari alzando il livello della fotografia dei nuovi Pixel 6 e 6 Pro con le varie modalità ”smart”.

In Italia?

Google sembra voler cambiare marcia per il futuro dei suoi Pixel. L’obiettivo è senza dubbio quello di proporre ai suoi utenti uno smartphone non solo premium con potenzialità importanti per quanto concerne l’usabilità di tutti i giorni. Tutto questo grazie appunto all’Intelligenza Artificiale. Uno smartphone capace di spingere Google dove non è ancora mai arrivata in questi anni se non con il suo sistema operativo divenuto ormai sicuro e anche maturo. L’introduzione di un processore fatto in casa di certo è il primo passo fondamentale per catturare l’attenzione del pubblico che potrà ora fidarsi di Google anche da questo punto di vista con uno smartphone potente, intelligente ma soprattutto sicuro grazie al chip Titan M2 e alla parte di security di Tensor.

In Google sono pronti a lanciare la sfida agli altri e sono pronti anche a mettere sul campo una massiccia campagna pubblicitaria perché per Google è forse questo il vero Google Phone. In Italia speriamo di vederlo, perché sul Google Store è presente solo la dicitura ”Coming Fall ’21” tra i vari menu ma purtroppo, a differenza degli altri mercati anche europei, non vi è un rimando ad una pagina specifica che parla dei nuovi Pixel. E speriamo di vederli anche da noi perché questa volta siamo sicuri che Google potrebbe colpire al cuore anche gli italiani.

Pixel 6 e Pixel 6 Pro faranno il loro debutto sul mercato entro l’autunno. Non è dato a sapere con quali prezzi (non saranno smartphone economici) e al momento non è stata resa nota una data di uscita precisa: ne sapremo di più in seguito.

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algoritmo youtube viola
Formazione, Intelligenza artificiale, Software, Tech

L’algoritmo di YouTube consiglia video che violano le sue stesse norme

L’algoritmo di YouTube consiglia regolarmente video che violano le sue stesse norme, cioè contengono contenuti che violano le policy della piattaforma. L’ha scoperto l’organizzazione no-profit Mozilla Foundation, utilizzando i dati di crowdsourcing di RegretsReporter, un’estensione del browser che gli utenti possono installare e utilizzare per segnalare informazioni su video dannosi, capendo così da dove provengono. Più di 30.000 utenti di YouTube hanno utilizzato l’estensione per segnalare questo tipo di contenuti.

L’intelligenza artificiale è utilizzata con ottimi risultati in diversi settori. Quella presente su YouTube funziona malissimo. L’algoritmo usato da Google suggerisce agli utenti numerosi video che non vorrebbero mai vedere e che non dovrebbero nemmeno essere presenti sulla piattaforma perché violano chiaramente le regole del servizio. I dati pubblicati all’inizio di aprile sembrano molto lontani dalla realtà.

YouTube ha un problema di intelligenza

L’algoritmo di YouTube consiglia video che violano le sue stesse norme

YouTube ha ricevuto diverse critiche in quanto l’intelligenza artificiale suggerisce video con fake news, contenuti estremisti e disinformazione in generale. Mozilla ha quindi deciso di sviluppare l’estensione RegretsReporter che permette di valutare i “danni” causati dall’algoritmo. Dopo una ricerca durata 10 mesi (da luglio 2020 a maggio 2021), Mozilla ha pubblicato il report con risultati sconvolgenti. 3.362 video risultano contrassegnati come “sgradevoli” tra luglio 2020 e maggio 2021. Lo studio ha rilevato che il 71% dei video ritenuti deplorevoli dai volontari è stato attivamente raccomandato dall’algoritmo di YouTube. Un video può essere considerato spiacevole perché violento, di spam, o perché incita all’odio. Quasi 200 video, che avevano 160 milioni di visualizzazioni in totale, sono stati rimossi.

Brandi Geurkink, Senior Manager of Advocacy di Mozilla, ha dichiarato:

YouTube deve ammettere che il suo algoritmo è progettato in modo da danneggiare e disinformare le persone. La nostra ricerca conferma che YouTube non solo ospita, ma consiglia attivamente video che violano le sue stesse norme. Ora sappiamo anche che le persone in paesi non di lingua inglese hanno maggiori probabilità di subire il peso dell’algoritmo dei suggerimenti di YouTube. Mozilla spera che questi risultati, che sono solo la punta dell’iceberg, convincano il pubblico e i legislatori dell’urgente necessità di una maggiore trasparenza nell’intelligenza artificiale di YouTube.

Inoltre, dalla ricerca di Mozilla emerge anche che nel 43% dei caso dei video indesiderati e spiacevoli segnalati dagli utenti, questi non centravano niente con quello che le persone avevano visto in precedenza. I video segnalati nello studio sembrano però funzionare bene: hanno ottenuto il 70% di visualizzazioni in più al giorno rispetto ad altri contenuti guardati dai volontari.

Il report di Mozilla

Nel report di Mozilla ci sono anche alcuni consigli per YouTube, tra cui l’analisi dell’algoritmo da parte di ricercatori indipendenti, la divulgazione dei dettagli sul funzionamento e l’aggiunta di un’opzione per disattivare i suggerimenti personalizzati. In base ai dati pubblicati da YouTube, solo 16-18 visualizzazioni su 10.000 riguardano video proibiti dalle linee guida.

Un portavoce di YouTube ha dichiarato:

Oltre 80 miliardi di informazioni vengono utilizzate per migliorare i nostri sistemi, comprese le risposte ai sondaggi degli utenti su ciò che vogliono guardare. Lavoriamo costantemente per migliorare l’esperienza su YouTube e solo nell’ultimo anno abbiamo introdotto oltre 30 diverse modifiche per ridurre i suggerimenti per contenuti dannosi. Grazie a questo cambiamento, il consumo di contenuti borderline che deriva dai nostri consigli è ora notevolmente inferiore all’1%.

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aprire un conto online e gestirlo in totale sicurezza
Formazione, GDPR, Intelligenza artificiale, Internet, Sicurezza informatica

Aprire un conto online e gestirlo in totale sicurezza

Le banche moderne si distinguono dagli istituti finanziari del passato per il legame indissolubile con l’informatica. Il progresso digitale, infatti, ha favorito la diffusione di tecnologie grazie alle quali l’utente ha la possibilità di avvantaggiarsi dei servizi offerti da un istituto bancario sfruttando le potenzialità delle connessioni di rete. Ma il perfezionamento dell’informatica ha comportato anche la necessità di migliorare la protezione dei dati dei privati, spingendo per la creazione di nuove strategie finalizzate a garantire la sicurezza digitale dei profili degli utenti. Al giorno d’oggi, infatti, le stesse banche che mettono a disposizione dei clienti servizi multicanale online forniscono un adeguato livello di protezione, anche per rispondere alle normative entrate in vigore in seguito all’introduzione del GDPR (Regolamento generale sulla protezione dei dati, adottato a partire dal 2016). Entriamo nel dettaglio e passiamo in rassegna alcuni suggerimenti fondamentali per aprire un conto e gestirlo in totale sicurezza.

Tuttavia, è necessario specificare che i sistemi di sicurezza informatica variano a seconda degli istituti bancari. La questione della protezione dei dati ha a che fare direttamente con la politica aziendale della banca, la quale è libera di scegliere il sistema informatico che ritiene più adatto a proteggere le informazioni dei propri clienti.

L’importanza della fama dell’istituto

Innanzitutto, il primo suggerimento da tenere in considerazione per proteggere efficacemente i dati di un profilo bancario online riguarda la scelta di un buon istituto finanziario. Affidare le informazioni economiche personali ad enti dalla fama tutt’altro che consolidata significa mettere a repentaglio la sicurezza di conti, carte di credito, prepagate etc… Questo obbliga a ponderare con grande cura la scelta dell’istituto nel quale depositare le proprie credenziali.

banca

Per i motivi sopra citati, è di importanza assoluta mettere i propri dati nelle mani di una banca online nota e affermata, un istituto che disponga di servizi di sicurezza adeguati e di alto livello. Scegliere l’istituto più adatto alle proprie esigenze non è poi così complicato: nel panorama odierno esistono realtà bancarie solide e affidabili, ognuna delle quali in grado di mettere a disposizione del cliente piani finanziari specifici e personalizzati, così da soddisfare pienamente i bisogni di qualsiasi tipologia di utente.

Il modo più completo per conoscere offerte vantaggiose delle banche esistenti è quello di rivolgersi direttamente ad una delle filiali prescelte. Purché, come già riferito, si prendano in considerazione esclusivamente gli istituti noti e maggiormente affidabili.

I sistemi di sicurezza delle banche online

Un altro fattore da valutare con cura prima di aprire un conto bancario online è la presenza di sistemi di sicurezza informatici all’avanguardia. In primo luogo, la tecnologia di sicurezza più sfruttata dagli istituti finanziari è l’utilizzo di codici alfanumerici associati ad una determinata carta. Solitamente la carta in questione viene rilasciata dalla banca al momento dell’apertura di un conto. I codici della tessera, di fatto, risulteranno associati al conto stesso. Tali codici andranno utilizzati ogni qual volta si debbano effettuare delle transazioni economiche online.

banche online

Per via dell’alto livello di sicurezza e della relativa semplicità nell’impiego, la carta riportante le password in forma di codici alfanumerici è una delle tecnologie più apprezzate dagli utenti bancari. Altrettanto gradito è l’utilizzo di password usa e getta comunicate direttamente al cliente bancario per via telefonica. Anche in questo caso il codice verrà fatto pervenire al numero di telefono associato al conto personale. Tutto ciò avviene nel momento in cui si procederà con una transazione economica.

Il funzionamento della carta è semplicissimo. Qualora vi sia la necessità di acquistare, vendere, investire o scambiare denaro online, il servizio multicanale della banca richiederà l’inserimento di uno dei codici riportati sulla superficie della carta stessa. Oppure in uno dei documenti contenuti nel contratto stipulato con l’istituto finanziario.

Utilizzare browser conosciuti

Per quanto banche diverse possano adottare strategie di sicurezza informatica differenti, il funzionamento delle tecnologie alla base della protezione dei dati è sempre lo stesso. Indipendentemente dalla politica aziendale prescelta, qualsiasi banca online dispone infatti di un sistema di criptaggio fondato sulla garanzia del protocollo “HTTPS”. Vale a dire la modalità criptata (ed evoluta) del classico protocollo HTTP.

https

Entrambi i protocolli consentono al browser utilizzato dall’utente di ottenere le informazioni necessarie per la navigazione. La differenza tra i due protocolli è data dal fatto che l’HTTPS dispone di un sistema di connettività criptata tramite crittografia asimmetrica. Di conseguenza conferisce un’eccezionale sicurezza all’utente durante la navigazione online. Al di là dei protocolli, anche l’utilizzo di un browser comodo e pratico è un fattore rilevante ai fini della sicurezza online.

Sfruttare browser privi di sistemi protezione dei dati significa aumentare la probabilità di andare incontro a problemi relativi al furto dei dati e delle credenziali bancarie. Imprevisti di questo tipo avvengono a causa della scarsa protezione che il browser è in grado di fornire agli utenti. I malintenzionati sfruttano le falle del software in uso per raccogliere tutte le informazioni più delicate immesse nel web. Ecco per quale motivo diviene fondamentale adoperare un browser conosciuto e costantemente aggiornato.

Utilizzare antivirus e suite per la sicurezza informatica

Tra i metodi più indicati per poter usufruire in tutta sicurezza dei servizi di una banca online vi è l’utilizzo degli antivirus o di una suite per la sicurezza informatica.

Trattandosi di software prodotti da terze parti, e che di fatto non hanno nulla a che vedere (se non indirettamente) con le banche, per poter usufruire di tali strumenti è necessario procedere con l’acquisto o il download della suite che più si adatta alle proprie esigenze. Antivirus e suite per la sicurezza informatica, indipendentemente dal marchio o dall’azienda produttrice, saranno in grado di evitare spiacevoli inconvenienti agli utenti. Gli antivirus sono progettati appositamente per bloccare eventuali malware e minacce di rete, consentendo di procedere con una navigazione fluida e più che mai sicura.

Scegliere password sicure

Infine, uno dei metodi per garantire maggior sicurezza ai propri dati personali è quello di scegliere password sicure e difficilmente individuabili dai malintenzionati. Il discorso, ovviamente, vale anche e soprattutto per i dati bancari.

Per quanto riguarda le informazioni sui dati di banca, la sicurezza delle password alfanumeriche dovrà risultare ancor più elevata. Solitamente è la banca stessa a ricordare agli utenti di adoperare parole chiave specifiche. In linea generale, andranno assolutamente evitate password troppo brevi o contenenti riferimenti ai dati anagrafici del proprietario del conto. Per accedere ai servizi online di una banca multicanale, l’ideale sarebbe creare password caratterizzate da numeri, lettere e caratteri speciali, aumentando di conseguenza la complessità della chiave di accesso. Inoltre, maggiore sarà la lunghezza della password e più alto sarà il livello di sicurezza della stessa. Diminuendo di conseguenza le probabilità di furti e accessi non autorizzati.

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Formazione, Intelligenza artificiale

Intelligenza artificiale: un opportunità per le aziende

Nata come disciplina scientifica a metà del secolo scorso, l’intelligenza artificiale è oggi indicata dagli analisti del settore come una grande sfida tecnologica. Sfida che può aprire nuovi scenari per le imprese, una vera opportunità per le aziende. Attorno ad essa scorrono fiumi di denaro. I big dell’IT fanno ricerche in questo settore e, se non hanno risorse interne, acquisiscono startup o piccole aziende specializzate. Storicamente, le prime aziende IT a investire nell’intelligenza artificiale sono state IBM e Microsoft, seguite da player del calibro di Apple, Facebook, Google e Amazon, solo per citare qualche nome.

Attualmente l’intelligenza artificiale, spesso indicata semplicemente con AI (artificial intelligence), trova applicazioni in diversi campi. Dal retail ai trasporti, dal settore medico al finance, dalle ricerche su Internet agli assistenti personali come Alexa e Siri.

alexa siri

L’intelligenza artificiale comporta tuttavia una intrinseca complessità, legata alla difficoltà di definire cos’è l’intelligenza umana e a cosa si intende per “macchina intelligente”. Inoltre, nonostante siano disponibili numerose soluzioni basate sull’intelligenza artificiale, esiste ancora un gap tra i risultati raggiunti a livello teorico, le applicazioni pratiche e la distribuzione su larga scala dell’innovazione potenzialmente abilitata dall’AI.

La storia dell’ intelligenza artificiale

La nascita ufficiale dell’intelligenza artificiale viene datata al 1956, quando al Dartmouth College, nel New Hampshire, si tenne un convegno dedicato allo sviluppo di macchine intelligenti. L’iniziativa era proposta da un gruppo di ricercatori, guidato da John McCarthy, che si proponeva di creare in pochi mesi una macchina capace di simulare l’apprendimento e l’intelligenza umana. La sfida fu accolta da personalità di spicco del mondo accademico e industriale. Ricordiamo ad esempio Marvin Minsky e Claude Shannon del Dartmouth College, Arthur Samuel di IBM, Ray Solomonoff e Oliver Selfridge del MIT. Fu nell’ambito di questo convegno che McCarthy introdusse per la prima volta il temine “intelligenza artificiale” e ne sancì di fatto la nascita come disciplina autonoma.

Intelligenza artificiale: un opportunità per le aziende

L’obiettivo di creare una macchina capace di simulare ogni aspetto dell’apprendimento umano non è stato ancora raggiunto. Tuttavia le ricerche fatte in questa direzione hanno aperto la strada a nuovi campi di studio e a risultati che, nel tempo, hanno avvicinato sempre di più l’intelligenza artificiale al mondo imprenditoriale. Tra le tappe miliari di questa evoluzione ci sono il LISP (1958), un linguaggio di programmazione specifico per problemi di intelligenza artificiale sviluppato dallo stesso McCarthy, e il programma ELIZA (1965), che simulava l’interazione tra un paziente e uno psicoterapeuta.

L’ AI entra nel mondo industriale

Il complesso problema di costruire macchine in grado di replicare l’intelligenza umana si è via via evoluto in un approccio più pragmatico, basato sulla scomposizione di un problema in sotto-problemi. A partire dagli anni ’70 sono stati sviluppati diversi “sistemi esperti”, ovvero programmi in grado di affrontare un problema specifico simulando le capacità di un esperto in quel particolare ambito. Una tappa importante in questo sviluppo è stato MYCIN (1976), un sistema esperto in grado di fare diagnosi per malattie ematiche.

È negli anni ’80 che l’intelligenza artificiale esce dall’ambito accademico ed entra nel mondo industriale. Un esempio di questo passaggio storico è R1, un sistema utilizzato dalla Digital Equipment. Quest’ultimo permetteva di configurare gli ordini per nuovi computer: introdotto nel 1982, R1 è il primo sistema esperto utilizzato in ambito commerciale.

Da allora ai giorni nostri le applicazioni basate sull’intelligenza artificiale si sono moltiplicate. La svolta è dovuta all’evolversi delle capacità computazionali e allo sviluppo di una serie di tecnologie abilitanti, tra le quali Big Data e cloud storage.

cloud storage

In questo sviluppo l’intelligenza artificiale è intesa come una disciplina che risolve problemi specifici in ambiti ben definiti. L’approccio seguito è quello dell’AI debole, secondo cui le macchine possono comportarsi come se fossero intelligenti. Un approccio di ampio respiro che mantiene l’aspirazione a un grande obiettivo, ma si focalizza sulla soluzione di problemi specifici. Questa concezione si contrappone a quella dell’AI forte, secondo cui le macchine possono effettivamente essere intelligenti.

Le tecnologie disponibili

Negli ultimi due decenni abbiamo sviluppato strumenti e tecnologie che promettono alle imprese un salto di qualità nella gestione del proprio business. Alcune soluzioni sono consolidate e hanno raggiunto una maturità di mercato. Altre sono ancora in fase di sviluppo e non è possibile prevedere se il loro potenziale si trasformerà in un impatto reale per le aziende.

Nel suo report TechRadar: Artificial Intelligence Technologies, pubblicato all’inizio dell’anno, Forrester individua le 13 tecnologie che ritiene più significative per le aziende. Tenendo conto che lo scenario è in continua evoluzione, la società di ricerca le elenca partendo da quelle che trovano applicazione solo in ambiti specifici. Passando a quelle più mature, che possono contare su un consolidato ecosistema di fornitori, system integrator e clienti.

Piattaforme di deep learning

Questi algoritmi sono utilizzati per riconoscere oggetti all’interno di immagini, analizzare onde sonore per convertire il parlato in testo o processare il linguaggio e tradurlo in un formato adatto per analisi.

machine learning

Elaborazione del linguaggio naturale (NLG, Natural language generation)

Questo insieme di tecnologie abilita una interazione fluida con il linguaggio umano per offrire informazioni, insight e interazioni attraverso frasi o testi lunghi. Vengono utilizzate anche per produrre testi leggibili da un essere umano, tipicamente a partire da un corpo di risposte o da componenti testuali.

Natural language generation

Swarm intelligence

Le tecnologie di swarm intelligence (letteralmente intelligenza dello sciame) sono sistemi decentralizzati ai quali contribuiscono diversi attori, sia umani che software, ognuno dei quali offre una parte della soluzione di un problema. In questo modo si costruisce una intelligenza superiore che riunisce e aumenta le specifiche conoscenze dei singoli. Queste tecnologie utilizzano il comportamento di insetti sociali (come le api) e sono applicate per modellare algoritmi che rispondono a obiettivi di business. Per esempio gestire una flotta di mezzi per le consegne, oppure danno risposte a domande specifiche, come le previsioni di risultati sportivi.

Biometrica

Le tecnologie biometriche abilitano una interazione più naturale tra l’uomo e le macchine. Queste tecnologie rilevano caratteristiche fisiche del corpo umano e includono il riconoscimento di immagini, voce, linguaggio del corpo.

Analisi di immagini e video

Si tratta di strumenti e tecnologie che analizzano immagini e video per rilevare oggetti e/o caratteristiche di oggetti. Queste piattaforme trovano applicazioni in diversi settori, tra i quali retail, assicurazioni, sicurezza, marketing.

object detection

Tecnologia semantica

Un problema centrale per l’AI è comprendere l’ambiente e il contesto in cui viene applicata. Le tecnologie semantiche rispondono a questo problema offrendo una comprensione profonda dei dati. Inoltre creano le basi per introdurre classificazioni, tassonomie, gerarchie, relazioni, modelli e metadati.

Tecnologia semantica

Riconoscimento vocale (speech recognition)

Sono strumenti e tecnologie che comprendono e interpretano il linguaggio parlato catturando segnali audio e trasformandoli in testo scritto o altri formati di dati utilizzabili in varie applicazioni, come sistemi vocali per costumer service, applicazioni mobile o robot fisici.

Riconoscimento vocale (speech recognition)

Hardware ottimizzato per l’AI

Questa categoria comprende GPU e appliance progettate specificamente per eseguire compiti specifici dell’AI, come machine learning e deep learning.

Hardware ottimizzato per l’AI

Machine learning (ML)

Le piattaforme di machine learning offrono algoritmi, API, strumenti di sviluppo per progettare, sviluppare e addestrare modelli in applicazioni, processi e altre macchine. Le piattaforme di ML trovano impiego nelle situazioni in cui, per risolvere un problema, è necessario riconoscere pattern all’interno di grandi insiemi di dati.

Machine learning (ML)

Robotic process automation (RPA)

Le tecnologie RPA comprendono vari metodi per automatizzare azioni umane e rendere più efficienti i processi di business

Robotic process automation (RPA)

Analisi del testo ed elaborazione del linguaggio naturale (NLP, natural language processing)

Questa categoria comprende gli strumenti in grado di capire e interpretare testo scritto e interi documenti. Nelle versioni più avanzate questi strumenti possono essere usati per comprendere emozioni, sentimenti e, entro certi limiti, prevedere le intenzioni dell’utente.

Agenti Virtuali

Software che offrono una interfaccia che permette all’utente di interagire in modo naturale con una macchina o un sistema informatico. Tra di essi ci sono i chatbot ampiamente utilizzati per costumer service e applicazioni mobili.

Agenti Virtuali

Decision management

Si tratta di software che permettono di automatizzare le decisioni in tempo reale attraverso l’inserimento diretto di policy e regole che consentono ai sistemi AI di dedurre decisioni e di intraprendere azioni.

Decision management

Il sogno dell’AI diventa un gioco di squadra

Mentre il dibattito scientifico e filosofico sulla natura dell’intelligenza umana e la possibilità di replicarla prosegue. Il mondo industriale ha scelto l’approccio più pragmatico, che rientra nell’accezione dell’AI debole.

open ai

Ogni azienda che sviluppa soluzioni basate sull’intelligenza artificiale persegue i propri scopi, anche economici. Tuttavia esistono organizzazioni non-profit che vantano tra i propri sostenitori big player dell’IT. Queste infatti puntano a far progredire lo sviluppo dell’intelligenza artificiale a beneficio dell’intera umanità.

Tra queste c’è Open AI. La società (tra i fondatori c’e’ Elon Musk) si è posta l’ambizioso obiettivo di realizzare una AGI (artificial general intelligence), ovvero un sistema in grado di eguagliare l’intelligenza umana. Si tratta in un certo senso di un ritorno alla concezione originaria dell’intelligenza artificiale. L’AI forte, ma con l’appoggio delle attuali conoscenze e degli sviluppi futuri abilitati dai “sistemi intelligenti” realizzati fino a oggi.

Open AI, a sua volta, fa parte di Partnership on AI, un’associazione che si propone come luogo di incontro per tutti coloro che operano nell’ambito dell’AI, dal mondo accademico a quello industriale a quello politico. Tra i suoi membri ci sono Apple, Google, Facebook, IBM, Microsoft.

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Digitalizzazione, Formazione, Intelligenza artificiale, Smartphone, Software

Google Health, la “nuova” app per la salute

Secondo quanto rivelato dal noto leaker Ishan Agarwal, Google starebbe lavorando a una applicazione per la salute che consentirebbe agli utenti di raccogliere e avere quindi sempre a portata di mano le proprie informazioni sanitarie. Il colosso di Mountain View vorrebbe rilanciare un vecchio progetto per la gestione intelligente delle informazioni relative alla salute degli utenti. Si tratta della “nuova” app per la salute Google Health.

Il lancio nel 2008

Google Health era stato lanciato da Google inizialmente nel 2008, e interrotto dal 1º gennaio 2012. Inoltre Google ha dichiarato di aver interrotto Google Health perché non ha avuto un impatto ampio come era stato previsto. Le informazioni volontarie potevano comprendere “condizioni di salute, farmaci, allergie e risultati di laboratorio”.

Una volta inserite, Google Health utilizzava le informazioni per fornire all’utente una cartella clinica personale globale, informazioni sulle condizioni e possibili interazioni tra farmaci, condizioni di salute e allergie integrandole poi in apposite cartelle cliniche digitali. Queste potevano essere condivise con i familiari e col proprio medico curante, le farmacie e gli istituti ospedalieri presso i quali si è soliti andare per le proprie esigenze di salute. Google concluse le attività di questo servizio per mancanza di diffusione dello stesso. Il 24 giugno 2011, Google ha annunciato la sospensione di Google Health.

Il ritorno di Google Health

A giudicare dalle prime presunte immagini condivise online, dovrebbe proporre un’interfaccia abbastanza standard. Quest’ultima raccoglierà i dati sanitari personali, con la possibilità di aggiungere contatti e condividere le informazioni con gruppi o persone specifiche. Come accennato prima, si potranno collegare alla app tutti gli account online dei luoghi in cui un utente ha ricevuto assistenza sanitaria. Oltre alle informazioni sul loro stato di salute, i pazienti potrebbero essere in grado di consultare le loro cartelle cliniche. Queste poi potranno essere messe eventualmente a disposizione di altri medici.

google health

Google Health nasce infatti come strumento per offrire agli utenti la possibilità di gestire in modo più intelligente le informazioni relative alla propria salute. Il progetto intende generare un sistema di comunicazione. Tale sistema riguarderà il rapporto tra medico, paziente e sistema sanitario così che la documentazione sia sempre disponibile, sempre archiviata e veicolata con sempre maggior rapidità.

Google Health, la “nuova” app per la salute

Questo dovrebbe aiutare le persone a condurre una vita più sana e a controllare le proprie condizioni di salute, grazie a uno scambio di informazioni più efficiente e interattivo tra dottori e pazienti.

Inoltre si potranno consultare le prescrizioni dei medicinali da assumere e una serie di informazioni a carattere divulgativo per meglio comprendere le patologie da cui sono affetti. Google Health è ancora nelle prime fasi di sviluppo. Inoltre da quanto emerso fino a ora potrebbe essere separata dall’app Google Fit, ma godere di una potenziale integrazione software.

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