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Nel secondo trimestre del 2020 i crimini informatici in Italia sono aumentati di oltre il 250% rispetto ai primi tre mesi dell’anno. Il mese di giugno vasta lo spiacevole primato con picchi di attacchi, incidenti e violazioni della privacy a danno di aziende, privati e pubblica amministrazione.
L’incremento dello smart working, una maggiore connessione ai social network durante l’emergenza e la riapertura delle aziende subito dopo il lockdown sono state le cause principali dell’aumento degli attacchi hacker.

Nel 60% dei casi si è trattato di furto di dati (+ 361% rispetto al primo trimestre). Il 17% degli attacchi è avvenuto tramite malware, software o programmi informatici malevoli, che hanno sfruttato il Coronavirus per attirare l’attenzione degli utenti. Tra questi, il programma “Corona Antivirus” o “Covid 9 Antivirus”, un malware che permette ai criminali informatici di connettersi al computer delle vittime e spiarne il contenuto, rubare informazioni o utilizzarlo come vettore per ulteriori attacchi.
“CovidLock”, inoltre, un ransomware (tipologia di malware che rende un sistema inutilizzabile esigendo il pagamento di un riscatto per ripristinarlo) che prende di mira gli smartphone Android quando si cerca di scaricare un’app di aggiornamenti sulla diffusione del Coronavirus.

Dal report si evince, infine, che nel secondo trimestre in Italia sono cresciuti del 700% gli attacchi di matrice ‘hacktivistica’, un fenomeno emergente spesso collegato a campagne internazionali su temi di grande attualità come “black-lives-matter” e “revenge-porn”.